pacciamatura
s. f. [der. di pacciame]. – In agraria, operazione che
tradizionalmente consiste nel cospargere il terreno di paglia, foglie
secche, letame o altro, allo scopo di proteggere le colture da
eccessiva insolazione o dal pericolo di gelate; oggi è fatta in gran
parte con fogli sottili di materie plastiche (spec. polietilene), per
lo più di colore nero, in cui sono eventualmente praticati fori di
opportuno diametro e frequenza, che mantengono la giusta temperatura
ed evitano la crescita di erbe infestanti.
Ecco cosa dice il
Treccani se interpellato a riguardo di questa tecnica millenaria.
La definizione
tocca alcuni aspetti fondamentali di questa pratica che cercherò di
approfondire.
La pacciamatura si
attua coprendo il terreno. Un dato di fatto che però fa nascere
altre mille domande e tra queste la prima è sicuramente la regina
delle domande... Perché coprire il terreno? Ogni azione in
agricoltura (o nella vita in generale) deve avere un motivo valido
altrimenti si sfocia nella pazzia o, peggio ancora, nello spreco.
In natura non
esiste terreno nudo. Questo è un fatto. Esistono rocce nude ma non
suolo nudo, senza vegetazione. Possiamo vedere con i nostri occhi
come le piante colonizzano velocemente mucchi di terra lasciati
incustoditi e non movimentati.
Questa osservazione
ci porta subito al primo principio fondamentale: cercare di mantenere
un terreno “pulito” da erbe spontanee è possibile ma richiede un
grossissimo dispendio di energia.
Potremmo essere
disponibili a usare questa energia specie se il nostro orto è
piccolo ma quando affrontiamo una coltivazione su più ampia scala è
necessario valutare un'altra strada che impedisca la naturale
colonizzazione delle erbe.
Non c'è altra soluzione che coprire il terreno pacciamando.
Non c'è altra soluzione che coprire il terreno pacciamando.
Pacciame composto da erba tagliata e fatta seccare |
Purtroppo per noi
il terreno, specie se analizziamo il primo strato superficiale, è un
debole isolante termico. Questo vuol dire che in estate accumula
troppo calore mentre in inverno ne perde eccessivamente. Questi
sbalzi termici danneggiano (anche gravemente) non solo le radici dei
nostri ortaggi ma anche tutta la complessa e delicata fauna
terricola. Lo strato pacciamante è una vera e propria
barriera termica a protezione del terreno.
La pacciamatura se gestita al meglio è in grado di trattenere l'umidità ma al tempo stesso permettere la traspirazione.
La pacciamatura se gestita al meglio è in grado di trattenere l'umidità ma al tempo stesso permettere la traspirazione.
Terreno "nudo". Il difficile è mantenerlo tale. Ne vale la pena? |
Nella definizione
si citano anche i differenti materiali usati per pacciamare e qua
entriamo in un argomento che potrebbe dilungarsi per pagine e pagine.
Gli orticoltori più sperimentali provano di tutto. Dalla lana ai
trucioli, dalla paglia alle plastiche biodegradabili.
Quello che
consiglio io è non usare (come citato dalla definizione) la plastica
(polietilene) poiché inevitabilmente parte di essa si disperderà
nell'ambiente e nel nostro stesso orto.
Bene tutti gli
altri materiali facendo attenzione alle reazioni chimico-fisiche che
comportano. Se usiamo materiale biologico dobbiamo capire se
durante la decomposizione è in grado di modificare il terreno.
Pacciamatura in plastica biodegradabile sotto fragole |
Già da qualche
anno la tecnica di pacciamatura ha incontrato la semina facendo
nascere il telo pacciamante già seminato con l'ortaggio voluto e
pronto per essere steso sul terreno preparato. Solitamente questo
telo è creato con fibre vegetali (cotone, carta, iuta) in cui
vengono immessi i semi dell'ortaggio già a distanze regolari.
Si possono trovare
in commercio teli completi o anche solo strisce che non solo
impediscono alle erbe spontanee di soffocare i nostri giovani
germogli ma ci evitano l'operazione di diradamento che si rende
indispensabile per certi ortaggi quando vengono seminati a spaglio.
Posizionamento del telo preseminato in orto |
Giovane carota nata da telo preseminato |
Troppo spesso si
coltiva l'orto in modo “tradizionale” (anche se tradizionale non
è) estirpando chili di erbe indesiderate e continuando questa dura e
inutile battaglia contro i mulini a vento quando abbiamo sotto mano
una tecnica che, se ben gestita, non solo ci evita tanta fatica ma
addirittura arricchisce e protegge il fattore fondamentale per un
buon raccolto: il terreno.
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