martedì 28 luglio 2015

Le ultime frontiere della pacciamatura

pacciamatura s. f. [der. di pacciame]. – In agraria, operazione che tradizionalmente consiste nel cospargere il terreno di paglia, foglie secche, letame o altro, allo scopo di proteggere le colture da eccessiva insolazione o dal pericolo di gelate; oggi è fatta in gran parte con fogli sottili di materie plastiche (spec. polietilene), per lo più di colore nero, in cui sono eventualmente praticati fori di opportuno diametro e frequenza, che mantengono la giusta temperatura ed evitano la crescita di erbe infestanti.

Ecco cosa dice il Treccani se interpellato a riguardo di questa tecnica millenaria.
La definizione tocca alcuni aspetti fondamentali di questa pratica che cercherò di approfondire.

La pacciamatura si attua coprendo il terreno. Un dato di fatto che però fa nascere altre mille domande e tra queste la prima è sicuramente la regina delle domande... Perché coprire il terreno? Ogni azione in agricoltura (o nella vita in generale) deve avere un motivo valido altrimenti si sfocia nella pazzia o, peggio ancora, nello spreco.
In natura non esiste terreno nudo. Questo è un fatto. Esistono rocce nude ma non suolo nudo, senza vegetazione. Possiamo vedere con i nostri occhi come le piante colonizzano velocemente mucchi di terra lasciati incustoditi e non movimentati.
Questa osservazione ci porta subito al primo principio fondamentale: cercare di mantenere un terreno “pulito” da erbe spontanee è possibile ma richiede un grossissimo dispendio di energia.
Potremmo essere disponibili a usare questa energia specie se il nostro orto è piccolo ma quando affrontiamo una coltivazione su più ampia scala è necessario valutare un'altra strada che impedisca la naturale colonizzazione delle erbe.
Non c'è altra soluzione che coprire il terreno pacciamando.

Pacciame composto da erba tagliata e fatta seccare

Purtroppo per noi il terreno, specie se analizziamo il primo strato superficiale, è un debole isolante termico. Questo vuol dire che in estate accumula troppo calore mentre in inverno ne perde eccessivamente. Questi sbalzi termici danneggiano (anche gravemente) non solo le radici dei nostri ortaggi ma anche tutta la complessa e delicata fauna terricola. Lo strato pacciamante è una vera e propria barriera termica a protezione del terreno.
La pacciamatura se gestita al meglio è in grado di trattenere l'umidità ma al tempo stesso permettere la traspirazione.

Terreno "nudo". Il difficile è mantenerlo tale. Ne vale la pena?

Nella definizione si citano anche i differenti materiali usati per pacciamare e qua entriamo in un argomento che potrebbe dilungarsi per pagine e pagine. Gli orticoltori più sperimentali provano di tutto. Dalla lana ai trucioli, dalla paglia alle plastiche biodegradabili.
Quello che consiglio io è non usare (come citato dalla definizione) la plastica (polietilene) poiché inevitabilmente parte di essa si disperderà nell'ambiente e nel nostro stesso orto.
Bene tutti gli altri materiali facendo attenzione alle reazioni chimico-fisiche che comportano. Se usiamo materiale biologico dobbiamo capire se durante la decomposizione è in grado di modificare il terreno.

Pacciamatura in plastica biodegradabile sotto fragole

Già da qualche anno la tecnica di pacciamatura ha incontrato la semina facendo nascere il telo pacciamante già seminato con l'ortaggio voluto e pronto per essere steso sul terreno preparato. Solitamente questo telo è creato con fibre vegetali (cotone, carta, iuta) in cui vengono immessi i semi dell'ortaggio già a distanze regolari.
Si possono trovare in commercio teli completi o anche solo strisce che non solo impediscono alle erbe spontanee di soffocare i nostri giovani germogli ma ci evitano l'operazione di diradamento che si rende indispensabile per certi ortaggi quando vengono seminati a spaglio.

Posizionamento del telo preseminato in orto

Giovane carota nata da telo preseminato

Troppo spesso si coltiva l'orto in modo “tradizionale” (anche se tradizionale non è) estirpando chili di erbe indesiderate e continuando questa dura e inutile battaglia contro i mulini a vento quando abbiamo sotto mano una tecnica che, se ben gestita, non solo ci evita tanta fatica ma addirittura arricchisce e protegge il fattore fondamentale per un buon raccolto: il terreno.

martedì 14 luglio 2015

La dieta vegetale

I vegetali sono esseri viventi autotrofi e, per definizione, sono in grado di auto-costruirsi il proprio cibo. Basta acqua e anidride carbonica per produrre il loro alimento favorito: il glucosio.

6H2O + 6CO2 = C6H12O6 + 6O2


Questa è la reazione chimica più famosa al mondo, quella della fotosintesi clorofilliana, che avviene ogni giorno in ogni foglia (o parte verde) di ogni singola pianta presente sulla Terra. La reazione che è in grado, grazie all'energia luminosa del Sole, di dare alla pianta glucosio e a tutti gli altri organismi eterotrofi (noi in primis) prezioso ossigeno.

Se ciò fosse realmente vero e se bastassero solo acqua e anidride carbonica per far vivere bene una pianta allora perché esistono interi manuali su come gestire la fertilità del terreno, come concimare e con quali elementi?
Perché concimiamo il nostro orto?

La risposta è semplice. Le piante hanno bisogno di una serie di elementi che devono necessariamente prelevare dal terreno. Il glucosio della fotosintesi fornisce l'energia necessaria per vivere ma i mattoncini per costruire tutte le strutture della pianta derivano dall'assorbimento di svariati elementi presenti nel terreno.

Tutta la galassia di elementi nutritivi necessari alle piante è divisa in due grandi blocchi: i macroelementi e i microelementi.
Spesso (erroneamente) si è portati a pensare che i macroelementi siano quelli più importanti a, in realtà, il nome deriva dal fatto che sono gli elementi che la pianta usa in quantità maggiore. Azoto (N), Fosforo (P) e Potassio (K) sono i tre macroelementi principali.
Tutti (o quasi tutti) i concimi che possiamo vedere in vendita contengono questi tre elementi in quantità e rapporti differenti in base ai bisogni.
I microelementi sono sali, minerali, ossidi di elementi che sono comunque fondamentali ma che la pianta assorbe in quantità minore. Calcio (Ca), Ferro (Fe), Magnesio (Mg), Rame (Cu), ecc... sono solo alcuni esempi.

Esempio di etichetta di un concime

La domanda resta comunque la medesima. Cosa mangiano le piante? Hanno “gusti” particolari?
Le piante divorano una gran varietà di elementi differenti in base alla fase di crescita nella quale si trovano e in base alla specie alla quale appartengono.
Esattamente come noi tutti abbiamo gusti e diete differenti, anche le piante prediligono piatti differenti.

La regola empirica e assolutamente generale dice che i macroelementi servono in base alla fase vegetativa che si vuole sviluppare.
  • Azoto: serve per la vera e propria crescita “verde” della pianta. Aiuta lo sviluppo di foglie e fusti. Non a caso concimi molto azotati vengono impiegati per far crescere tutta la verdura a foglia dalle insalate alle verze.
  • Fosforo: serve per la formazione del bocciolo e il mantenimento dei fiori. Solitamente viene impiegato per fortificare i fiori che porteranno i successivi frutti.
  • Potassio: in molti casi serve per ingrossare e ad aumentare la qualità organolettica dei frutti.

Funzione dei macroelementi

I microelementi, pur essendo assorbiti in quantità minore, sono molto importanti in quanto una loro diminuzione improvvisa può creare notevoli problemi alla sopravvivenza della pianta.
Basti sapere che al centro della molecola della clorofilla (quella da cui nasce il processo di fotosintesi) c'è un atomo di Magnesio. Uno dei microelementi è protagonista diretto della reazione più importante mai scoperta.
Una carenza di ferro in molti casi genera perdita di colore chiamata clorosi ferrica mentre nel caso di assenza di rame gemme e nuovi germogli possono avvizzire e seccare. Sono solo due esempi che indicano l'importanza di una dieta bilanciata.

Clorosi ferrica su fragola

Come si può garantire una buona concimazione rispettando la natura e il terreno evitando di impoverirlo?
Considerando che ogni specie ha la sua dieta, la cosa più intelligente da fare e quella di non coltivare per due volte di fila sullo stesso terreno la medesima specie. Tutta la tecnica di rotazione colturale si basa proprio su questo punto.
Il secondo aspetto da considerare è che un terreno è considerato fertile non solo perché contiene determinate quantità di elementi ma perché presenta una struttura conforme alla crescita rigogliosa. Per tale ragione è preferibile usare concimi organici che aumentano e migliorano la quantità di sostanza organica nel terreno. 

Concime organico derivato da scarti domestici

Stallatico, sovescio, pollina, humus, uova sbriciolate, foglie in decomposizione/lettiera, cenere sono solo alcuni dei materiali organici che si possono interrare nell'orto e che sono in grado di modificarne la struttura. Generalmente i concimi organici (che nel caso modifichino la struttura del terreno prendono il nome di ammendanti) sono ad azione più lenta rispetto ai concimi minerali o chimici ma proprio questa lentezza d'azione permette loro di restare nel terreno più a lungo interagendo in modo più delicato con la flora e fauna terricola.

Luogo di raccolta degli scarti per la creazione di humus

Quello che noi dobbiamo garantire è la salubrità del terreno in cui tutti gli elementi siano presenti in giusta misura e che siano distribuiti senza creare shock o eccessi pericolosi per tutti gli esseri viventi presenti in orto, in primi i nostri ortaggi.

La filosofia di una buona concimazione

giovedì 9 luglio 2015

Troppo caldo, troppo umido

Il caldo fa bene agli ortaggi in genere ma come recita il famoso detto “il troppo storpia” e così, colpa della già rinominata “bolla africana”, ci troviamo ad affrontare l'eccesso di caldo unito ad una sovrabbondante umidità.
Un mix micidiale per il nostro orto.
Si sa, l'orticoltore non è mai contento del clima. Fateci l'abitudine a questa peculiarità. O fa troppo freddo o troppo caldo, o troppo umido o troppo asciutto.


In ogni caso è innegabile che in questo periodo le temperature sono micidiali. Quota 40° molto vicina e, facendo conto che le temperature sono registrate all'ombra, immaginate le temperature raggiunte in un orto assolato e ben esposto.

Le verdure crescono in rapporto alla temperatura ma raggiunta la tolleranza massima (che dipende dalle differenti varietà) la pianta comincia ad innalzare barriere e la prima è il rallentamento del metabolismo. Le foglie chiudono gli stomi per risparmiare acqua ed evitare la disidratazione.

Tutte le parti aeree sono a rischio scottature specie quelle più delicate come foglie giovani e fiori. Mai come in questo periodo è assolutamente vietato bagnare le piante nelle ore più calde e sopra la chioma per evitare che acqua fredda e superficie fogliare bollente portino ad uno shock termico pericoloso per l'intera pianta. Meglio bagnare sotto chioma (magari con impianto a goccia) al mattino presto in modo che si possa ricostituire una buona riserva idrica già a disposizione per le piante in modo che possano assorbire acqua a volontà durante la giornata.


Bene scoprire i frutti in maturazione dalle foglie che coprono, specie quelli che devono colorarsi (pomodoro, peperoni, melanzane, ecc...) senza esagerare poiché anche i frutti soffrono le scottature.

Come dicevamo all'inizio, quest'ondata di caldo porta con sé anche una buona dose di umidità.
Anche questa caratteristica è un'arma a doppio taglio. Di per sé le piante giovano di un clima caldo umido poiché nonostante le temperature elevate, l'abbondante umidità dell'aria rallenta l'evapotraspirazione e diminuisce il rischio di disidratazione.
Purtroppo per noi e per loro questo clima è quello favorito anche dai funghi e dagli insetti, anche quelli che non vorremmo avere nel nostro orto.


Bisogna sapere che la chioma (specie se abbondante) è una barriera impenetrabile per le microscopiche goccioline d'acqua creando un ambiente asfittico, caldo e umido. L'ideale per lo svilupparsi di funghi patogeni.
Cerchiamo di eliminare foglie grandi e vecchie che, dal punto di vista fotosintetico, rendono poco e occupano molto lasciando foglie giovani.
Questa pratica che prende il nome di “scacchiatura” è tipica per le solanacee (pomodori, peperoni e melanzane) e si effettua proprio per evitare attacchi fungini.


L'orto è una sinergia tra ortaggi e orticoltore e, proprio per questo motivo, questa bolla di caldo anticiclonica colpisce non solo i nostri orti ma anche noi stessi. È fondamentale non recarsi in orto nelle ore calde della giornata non solo perché è rischioso per la salute ma perché è dimostrato che all'alzarsi delle temperature il nostro corpo rende meno, la nostra testa comincia a non esser più lucida. Due fattori che incrementano i rischi di incidenti.
È quindi raccomandabile utilizzare i momenti più freschi della giornata per i lavori in orto sempre accompagnati da abbondanti bottiglie d'acqua (meglio averne di più che rimanere a secco!).
Un'ora di lavoro con il fresco mattutino rende come tre passate sotto il sole e il recupero dell'energia spesa in quell'ora è ben più veloce.