Tutti sanno cos'è un seme.
Un seme è
vita, è una struttura estremamente concentrata che racchiude al suo
interno tutto il materiale necessario alla nascita di una nuova
pianta.
Estremamente semplice, estremamente
complesso.
Il seme è il risultato della
fecondazione e dato che questo fenomeno è forse il più importante
di tutto il mondo vivente, capiamo bene che quando li stiamo
maneggiando con una certa leggerezza in realtà abbiamo in mano un
grandissimo potere: quello di dare la vita.
Molte piante sacrificano tutta la loro
vita al fine di produrre i semi e le orticole ne sono un classico
esempio.
Sappiamo che molte di queste piante
sono annuali. In natura, il loro unico anno di vita si conclude quasi
sempre con la produzione di fiori e semi. Una volta concluso il
processo la pianta madre può morire, la vita è passata nel seme e
da questa nuova residenza invernale potrà rinascere in primavera.
Anche alcuni animali concludono la
propria vita dopo la riproduzione (si veda il ciclo di vita dei
salmoni) ma nel regno vegetale questo fenomeno è ancora più
spinto.
Nel seme la pianta madre ripone il proprio futuro, le
proprie speranze. Per contro il seme nasce già con grandi
aspettative sulle proprie spalle (chissà se è in grado di percepire
ansia da prestazione?). Nonostante ciò questa strategia si è
dimostrata vincente tanto che le piante, conquistatrici della Terra
ben prima di noi, e tutt'oggi detentrici della maggior quantità di
biomassa del pianeta. Il 95% del peso di tutti gli esseri viventi
presenti sulla Terra è rappresentato dal peso dei vegetali, il 5%
dagli altri viventi di cui solo lo 0,5% dalla specie umana.
Una colonizzazione tanto capillare e
massiccia dell'intero pianeta è stata possibile solo grazie alla
capacità di adattamento ma anche alla grande strategia di
racchiudere le nuove piantine in resistenti semi facili da
diffondere.
In alcuni casi alcune piante producono
semi in grado di volare sospinte dal vento o addirittura catapultati
attivamente dalla pianta madre il più lontano possibile in modo da
coprire e colonizzare nuovi spazi (si veda il comportamento del
cocomero asinino!).
Ora molti si chiederanno cosa centra
tutto questo discorso con terraXchange, gli orti, il paesaggio e le
altre tematiche a noi care ebbene noi, in qualità di orticoltori
appassionati, abbiamo un grande dovere: raccogliere, conservare e
ripiantare i semi delle nostre orticole non sprecando questa
concentrazione di “vita biodiversa”.
Come possiamo svolgere questo
importante ruolo in modo da non comprometterne la buona riuscita?
Domanda lecita.
Spesso si sottovaluta questo aspetto
raccogliendo semi in modo discutibile e conservandoli un po' così,
come capita in luoghi di fortuna.
Partiamo quindi dal primo principio.
Il
seme va raccolto quando è maturo!
Non è una cosa scontata poiché,
ahimè, i semi possono in molti casi maturare non simultaneamente
rispetto al frutto. Ciò significa che quando noi raccogliamo i
frutti già commestibili per la nostra alimentazione questi
potrebbero racchiudere semi immaturi. Nell'orto il classico esempio è
il fagiolino che viene raccolto per i nostri usi culinari ancora
acerbo e contenete semi non ancora sviluppati. Vi sono anche altri
esempi come la melanzana. Siamo abituati a raccoglierla piuttosto
novella in quanto più morbida e con una polpa meno asciutta
(cartonata) ma i semi contenuti in questi frutti non sono certo
utilizzabili per la propagazione.
Il secondo principio è che il seme
percepisce le stagioni.
Ebbene sì, i semi sono vivi (anche se
non sembra) e chiusi nel loro letargo percepiscono comunque
moltissimi fattori esterni (incredibile rendersi conto che i semi
possono vedere e sentire). Tutti i semi percepiscono e monitorano
costantemente temperatura, luminosità, fotoperiodo (rapporto
giorno/notte), umidità. Ogni specie resta in uno stato dormiente
sino a quando non si sono verificati tutta una serie di eventi che
inducano il seme stesso a germogliare. Molti semi, per esempio, non
germogliano se prima non hanno annotato un periodo di freddo
piuttosto intenso e continuativo che induce il seme a convincersi di
aver passato l'inverno. Il fabbisogno di freddo (è chiamato proprio
così) è fondamentale per molte specie differenti. Tenere i semi al
caldo costante (20°C) di una casa non è mai buona abitudine.
È buona norma conservare i semi in
vasetti di vetro in luogo protetto, asciutto, al riparo dalla luce
solare diretta ma non nella più costante oscurità. In questo modo
il seme non perde il conto dei giorni (il seme ha un calendario?
Ebbene sì).
Il terzo principio riguarda la
necessità di rispetto del tempo. Qualcuno diceva che la frase tipica
del contadino è “tempo al tempo”.
Non dobbiamo aver fretta di far
germinare i semi in periodi differenti dal quale sono abituati.
Spesso, in questo periodo, girovagando in vari gruppi Facebook
riguardanti l'orticoltura, alcuni utenti postano immagini di semi
germogliati e di nuove piantine molto esili e lunghe. Questo è il
sintomo che si è seminato troppo presto. Le piantine sono nate
comunque ma non trovando la luce e la lunghezza del giorno adeguata
stanno disperatamente “filando”. Si stanno allungando nella
disperata ricerca di luce che non troveranno poiché il periodo
solare non è coretto. Queste piante periranno nell'arco di pochi
giorni o settimane. Le poche che si salveranno saranno comunque
destinate a rimanere deboli per tutta la vita poiché hanno bruciato
troppa energia nei primi giorni di vita.
Il quarto principio fondamentale è la
consapevolezza che siamo noi ad aver bisogno dei semi e non sono i
semi ad aver bisogno di noi.
Troppo spesso vedo persone che curano i
semi come se fossero balie. Ci sono alcuni che fanno pre-germinare i
semi sui substrati più differenti. Dal cotone alle fibre di cocco,
dalla gommapiuma a contenitori pieni d'acqua.
Diciamo subito che, per la maggior
parte delle varietà coltivate, tutto ciò è inutile e, in alcuni
casi, persino dannoso. La prima radichetta che si forma da un seme è
una struttura complessa e molto delicata. Se, per esempio, facciamo
germinare un seme su uno strato di cotone umido potrebbe capitare che
la radichetta nasca correttamente e che (data la sua natura di
radice) inizi da subito a scavare all'interno del cotone. A quel
punto siamo fregati poiché il rischio di danneggiarla durante il
trapianto raggiunge quasi la certezza matematica.
Lo stesso può
valere per le germinazioni in acqua. La radichetta che si trova
immersa in un liquido si adatta da subito a questo ambiente “facile”
e, nel momento in cui la costringiamo a crescere nel terreno (un
substrato totalmente differente, meno umido e più duro) le
provochiamo uno stress immenso.
Salvo rari casi in cui il seme per
germinare deve subire specifici trattamenti, il consiglio che do è
quello di far germinare il seme in un terreno molto simile (se non lo
stesso) rispetto a quello in cui andrà a vivere l'intera pianta
futura.
Come diceva il grande Fukuoka, maestro dell'agricoltura
sinergica e della permacoltura: “Il miglior metodo per coltivare e
non fare niente, la natura è nata prima di noi e sa già lei cosa
fare. Noi dobbiamo solo aiutarla e assecondarla in modo che non trovi
ostacoli.”
Lui addirittura seminava direttamente
in campo aperto tramite le famigerate “bombe di semi”, piccole
palline di fango in cui erano stati immersi i semi che si volevano
seminare.
Insomma, quel che voglio dire in questo
post è che noi esseri umani non dobbiamo pretendere di costringere
strutture così complesse e raffinate come i semi a seguire le nostre
decisioni e scelte.
I semi si sono evoluti per milioni di anni
secondo un processo di maturazione, dormienza e germinazione del
tutto particolare e tipico. Un ciclo che dobbiamo inevitabilmente
riconoscere e rispettare, proteggere e capire.
Solo così potremo
avere i risultati sperati nel rispetto di cicli naturali ben più
grandi di noi.