martedì 10 marzo 2015

Ci vuole pratica!

Nel percorso che stiamo seguendo per sviluppare e promuovere terraXchange ho conosciuto e ci hanno scritto tante persone entusiaste dell'idea e degli obiettivi che vogliamo portar avanti. Tanti gli appassionati orticoltori in cerca di un terreno (che speriamo di poter trovar loro) e svariati proprietari di terreno sparsi sul territorio già disponibili a prestare il loro lembo di terra.

Nonostante ciò, è inutile negare, che si sono avvicinati a terraXchange anche molti scettici. Giustamente vi sono persone che difficilmente si fanno prendere dall'entusiasmo di fare e ci hanno posto (e continueranno a porre) sempre nuovi quesiti e paventare numerosi potenziali problemi.

Qualche tempo fa (forse un paio di mesi, se ben ricordo) all'indirizzo dilatua@terraxchange.it è comparsa una mail di una persona che, nonostante appoggiasse l'idea, era convinta che non potesse prendere piede perché mantenere un terreno è cosa seria, faticosa, difficile e non sempre può dare i risultati sperati. Oltre a ciò ci sono sempre problemi con i proprietari e burocrazie varie insuperabili. La frase che però mi ha colpito in prima persona sosteneva che nonostante l'idea fosse buona noi di terraXchange non potevamo capire le reali problematiche poiché dirigiamo il tutto solo online protetti dietro a uno schermo.

Ora, chi mi conosce personalmente sa che io non sono una persona che si muove nel campo teorico e filosofico del settore ma uno che se c'è da coltivare sta in prima linea armato di zappa.
Tutto sommato però, questo nostro sostenitore ha ragione.
Ci siamo forse staccati dalla realtà dei fatti? Dai problemi concreti dovuti a riprendere e ripulire un terreno? Dai possibili ostacoli reali che i nostri utenti possono avere?

Ecco che, come mio solito, quando qualcuno mi punzecchia su tematiche a me sensibili, devo poter rispondere concretamente e con i fatti.
Come quella trasmissione in cui i capi delle aziende divengono operai per un po' di giorni, io sono divenuto utente del mio stesso sito alla ricerca di un terreno abbandonato da coltivare.
L'obiettivo era quello di verificare in prima persona questi potenziali problemi dal punto di vista dell'utente.

Quasi per caso, una decina di giorni dopo a questa mail, mi contatta una signora che, tramite passaparola, è venuta a conoscenza di terraXchange. Mi avvisa che avrebbe a sua disposizione tre terreni adibiti a frutteto ormai abbandonati da alcuni anni. Questi lotti si trovano ad una ventina di chilometri da casa mia, sulla sponda del Lago Maggiore.
Ecco l'occasione che aspettavo!

Se ben ricordo era un mercoledì; il sabato ero già là a prendere visione dei terreni.
Un terreno mi ha colpito in particolare. 
Si tratta di una striscia recintata di 2500mq circa con piccolo casotto in pietra e decine di piante da frutto e altre piante ornamentali. Una selva da ripulire con olio di gomito. Forse il peggiore dei tre per quanto riguarda l'esposizione e la posizione ma certo quel casotto, l'attacco all'acqua e tutte quelle piante da curare mi hanno da subito attirato.

Nel frattempo mi aveva contattato un ragazzo della zona che cercava un pezzo di terra per coltivare un orto sinergico in una bella posizione. Alla fine ha preso il migliore dei tre terreni. 600mq circa terrazzati in posizione dominate con una grandiosa vista sul lago e con una magnifica esposizione a sud. Vi basti sapere che pur essendo nel profondo nord d'Italia, su quei muri nascono spontanei gli agavi e non avrebbero certo problema a crescere anche gli agrumi.

Tornando al mio terreno.
In due settimane ho coinvolto un mio amico a prendere in gestione questo spazio, ho firmato un contratto di comodato d'uso gratuito per dieci anni e da due settimane a questa parte, il fine settimana, lo dedichiamo a ripulire questo terreno che rischiava concretamente l'abbandono e il disastro.

Per convincere tutti voi, cari lettori e assidui seguaci, ho deciso di raccontare tramite immagini, video e post che seguiranno, come si presenta un terreno abbandonato e come può realmente divenire.

Disse Confucio:
«Se ascolto dimentico,
se vedo ricordo,
se faccio capisco.»

L'esempio e la pratica sono gli elementi che servono ad interiorizzare l'esperienza e a farla propria per sempre.

Vi presento quindi il frutteto di terraXchange e allego questa foto satellitare (Google Earth) che mostra il prima, quando il terreno era ancora mantenuto, e il dopo (stato attuale).
Si noti che già attraverso immagini satellitari si può notare la differenza tra un suolo ben gestito e uno in stato di abbandono. Il differente colore dell'erba e le forme delle piante sono il primo indice che segnala il degrado.


Aperto il cancelletto ecco come si presentava il frutteto. Si noti la casa gialla che si intravvede a malapena dietro le fronde intricate delle piante.


Ecco come si presenta, dalla medesima posizione, dopo soli due pomeriggi di lavoro.


Questa è un'altra scena che ci si è presentata davanti. Molte piante morte, crollate, secche in piedi. Tra cui un grosso fico squarciato e collassato in terra, un pergolato di kiwi schiacciato dal peso stesso della pianta, piante di meli, peri, susine marce. Morte a causa dell'incuria.


Dopo un veloce taglio del prato con trattorino e decespugliatori, siamo partiti con le potature. Stiamo parlando di una quarantina di piante da potare!
Questa è la quantità e dimensione dei rami di una sola pianta di melo lasciata crescere libera per tre anni. Moltiplicando per quaranta piante vi lasciamo immaginare cosa sta saltando fuori.


È faticoso? Sì!
È complesso? Sì!

Ne vale la pena? Assolutamente sì e, questa diretta dal frutteto vuole dimostrare a tutti, anche al nostro amico scettico, che «Si... Può... Fareeeee!» come direbbe il nostro caro amico dr. Frankenstin Jr.

Vi racconterò l'evoluzione di questo terreno passo a passo.

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