mercoledì 14 gennaio 2015

Nuove coltivazioni, vecchi semi

Oggi parliamo di un argomento sulla bocca di tutti gli ortolani e su cui, alle volte, si innestano discorsi piuttosto accesi che non di rado possono sfociare in liti.

Parliamo di sementi e della genetica dei semi che decidiamo di seminare.

Quando si parla di "genetica" molti si immaginano chissà quale ambiente di laboratorio in cui loschi personaggi operano alle nostre spalle ignorando che i primi "genetisti" siamo noi stessi.

L'ortolano può modificare facilmente una varietà e lo fa in continuazione ogni volta che recupera dai frutti nuovi semi per l'anno successivo. I semi sono già di per sé differenti geneticamente dalle piante madri d'origine.
Possiamo spingere questo fenomeno tramite tecniche quali auto-impollinazione e selezione. Tecniche che tutti noi possiamo attuare senza alcun strumento di laboratorio.
Noi, in quanto coltivatori e conservatori di semi, siamo in grado di controllare e sperimentare differenti varietà riuscendo anche a "miscelarle" tra loro.

L'orto è la coltivazione che più si presta a questi incroci in quanto le coltivazioni sono tipicamente annuali (ciclo breve) e piuttosto ravvicinate tra loro. Perciò riusciamo in breve tempo (qualche anno) a vedere i risultati.

Questa è l'origine di varietà autoctone di determinati territori. Contadini che per secoli hanno ripiantato e incrociato il medesimo patrimonio genetico sino a stabilizzarlo e isolarlo.
E' proprio da questo momento che possiamo considerare la varietà, che è passata di mano in mano e di generazione in generazione, trasformata in un'altra strettamente legata al territorio nella quale è stata creata.

Esempio di varietà autoctona di un fagiolo
 Al contrario degli animali, le piante possono trovar giovamento nell'incrocio di varietà vicine o incroci nella medesima varietà e nello stesso ceppo originario.
Quando si utilizzano semi auto-prodotti e conservati dall'anno precedente ci si deve aspettare di tutto.
C'è chi è partito coltivando zucche mantovane per poi veder sbucare da un seme una zucca differente. In molti casi ci si accorge della differenza tra varietà ancora prima di vederne il frutto.
Per esperienza personale posso dire che non di rado capitano piante di zucche e zucchini con foglie variegate in mezzo ad altri con foglia verde scura uniforme, piante di fagioli dal fiore rosa in mezzo a piante che fioriscono in bianco.

Ho pubblicato, la stagione scorsa, una foto di una spiga di mais (non chiamatela pannocchia perché non lo è) di uno stupendo rosso variegato cresciuta tra altre piante di mais che hanno originato semi di un "normale" giallo/arancione.
Tutti questi "errori" non sono assolutamente da considerare tali anzi, dimostrano che il rimescolamento genetico è attivo e vivace anche in un piccolo orto domestico e che tutti noi possiamo esser testimoni della più grande invenzione naturale: l'evoluzione genetica.
Come per gli uomini, le differenze tra individui sono la forza della specie.
E' la prova che anche noi possiamo essere i custodi di un'enorme ricchezza di biodiversità che non possiamo (e non dobbiamo) sprecare.

La spiga "diversa" nata tra quelle "normali"
Ho tenuto i chicchi di mais rosso da ripiantare quest'anno.
Sono certo che nasceranno piante che porteranno spighe di ogni colore ma, se sarò fortunato, ce ne sarà ancora una che porterà chicchi rossi. Tramite auto-impollinazione, fra due anni ripianterò proprio quei chicchi in modo da avere più di una pianta con spighe rosse e continuando su questa strada potrò un giorno seminare semi di mais rossi che daranno piante capaci di generare solo spighe rosse. Ecco che una nuova varietà è stata selezionata.

La modifica genetica tradizionale si basa proprio su questa operazione di osservazione e selezione in un tempo nel quale i semi passavano dai padri ai figli, dai figli ai nipoti.
Questa capacità ha reso possibile la creazione di migliaia di varietà che altrimenti non sarebbero mai potute nascere e chissà quante altre varietà potenzialmente nascenti non vedranno mai la luce ma rimarranno semplicemente nascoste nel codice genetico di un piccolo seme.


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